La timidezza è un sentimento umano , la persona timida viene definita come non disinvolta e impacciata nelle circostanza che lo vedono in contesti sociali.
Una delle emozioni più forti della timidezza è la paura, infatti la parola timido deriva da temère che significa appunto avere paura.
La paura è un’ emozione importante per l’uomo , è concepita per attivare il sistema di lotta e fuga e preservarci dal pericolo, mentre fino a non molto tempo fà si pensava che le EMOZIONI, fossero una reminescenza della nostra animalità,completamente slegate dal pensiero razionale , la psicologia moderna ha compreso l’importanza di questa componente umana, per scopi di adattamento , le emozioni non sono un prodotto delle situazioni o dell’ambiente ma della loro rappresentazione interna oggettiva.
Esempio : Un uomo vede una tigre e si spaventa provando paura e terrore , l’animale viene visto da uno zoologo che affascinato dal felino cerca di avvicinarlo e studiarlo , emozionato e felice di questa occasione unica.
Lo stesso evento genera emozioni diverse , ma entrambe opportune , secondo il vissutto e la propria EMOTIVITA’.
Esempio : Un timido si siede accanto a un tavolo con quattro ragazze, loro ridono e scherzano , il timido va in paranoia , comincia a sudare e a tremare , pensa che lo stiano giudicando e prendendo per in giro , accanto c’è un’altro ragazzo , che guarda le ragazze e si appresta a raggiungerle , perchè pensa che con i loro schiamazzi vogliono attrarre la sua attenzione!! 🙂
La paura serve per metterci in guardia dai pericoli , ottimizzare le nostre risorse fisiche in caso di lotta o di fuga, ma non è l’unica emozione importante ,la rabbia si rivela utile nella difesa del territorio ,di sè e dei propri affetti , l’amore serve per creare il presupposto della collaborazione, l’avvicinamento e la socializzazione , anche per la riproduzione e continuazione della specie.
La gioia è invece quella emozione gratificante da reiterare in futuro replicando il comportamento che ha originato l’ emozione utile per orientarsi e MOTIVARSI negli obbiettivi.
Infatti è importante notare come le emozioni sono alla base dell’adattamento, su questo pianeta perfino gli uccelli ne hanno!
E’ stato provato scientificamente, che esiste una relazione fra le emozioni e i ricordi , infatti sembra che quando un evento o situazione è legato ad una fore emozione , sia essa positiva che negativa ,ci siano più probabilità che esso venga “inciso” nella nostra memoria a lungo termine, quella parte della memoria che modifica radicalmente i processi neuronali ,imprimendo un ricordo che dura per l’intera vita.
Quindi la paura è naturale e indispensabile, quando ci mette in guardia da pericoli reali , e quando crea una associazione , permettendo di ricordare quella situazione e raffinare il nostro sistema di previsione del pericolo.
MA QUANDO IL PERICOLO NON E’ REALE?
La nostra mente funziona come un computer molto soffisticato , essa assimila tutti gli imput (informazioni) provenienti dall’esterno grazie hai 5 sensi , UDITO , VISTA,OLFATTO,TATTO ,GUSTO, e li rielabora in base a dei filtri personali , dati dalla nostra esperienza di vita , producendo un output , una risposta emozionale e comportamentale.
Come dicevamo questi imput o informazioni sono elaborate su base personale e ogni stimolo assume un significato diverso , ma per capire come avviene questo processo dobbiamo tornare alla nostra infanzia.
Il modello di J.Piaget ,e anche quelli più recenti si basano sul presupposto che noi tutti abbiamo alla nascita degli schemi comportamentali innati , ma che poi vengono modificati dall’esperienza attribuendo significato agli stimoli tramite associazioni personali.
Esite però un periodo finestra in cui questo imprinting è ancora più forte, nel caso della timidezza ,troviamo una vera e propria paura ,causata dall’interazione con gli altri .
Le cause e l’origine di questa paura è da ricercare con molta probabilità nell’ infanzia.
Appena il bimbo viene alla luce vive un primo periodo in cui sorride a ogni viso che gli si pone davanti , dopo un pò subentra “la paura dello sconosciuto” .
In questa fase il bimbo risponde all’estraneità con il pianto e la ricerca della figura di riferimento , seguendolo e aggrappandosi in cerca di protezione e sicurezza.
Timidezza :Non trovare protezione da bambini.
Quando il bambino, scoperta l’estraneità , trova una figura di riferimento e protezione, quella che il pedagogista e psichiatra inglese John Bowlby chiama care giver , nel contesto della famosa teoria dell’ attaccamento ,creando quel clima di sicurezza e fiducia, il bimbo cresce con delle certezze e il suo rapporto con gli altri è equilibrato e costruttivo.
Ma in questo momento delicato, non sempre gli adulti sono capaci di rispondere in modo efficace , prendiamo per esempio una madre che ha perso il lavoro, o che attraversa una crisi personale (spesso strascichi della depressione post-parto) oppure una comune crisi di coppia, non sarà in grado di trasmettere quel senso di protezione ,necessaria al bambino per la sua formazione , autostima, senso di appartenenza a un nucleo familiare forte e di sostegno.
Soprattutto fra il primo e il terzo anno di vita , magari nel periodo finestra , citato prima, imparerà ad associare l’atteggiamento dei genitori nei suoi confronti ,creando degli schemi interni , che determinano le sue azioni e l‘immagine di sè , per esempio il bimbo interiorizza il concetto “La mamma non mi ascolta perchè non sono degno di essere amato” .
Internal working models
Questo modello (internal working models) crea i presupposti interni , attraverso rappresentazioni mentali, per la sicurezza nel comportamento , la capacità di organizzarsi, di attenzione ,di memoria e dell’equilibrio emozionale.
Più la figura di riferimento sarà stata presente, in grado di rispondere in modo soddisfacente alle richieste del bimbo , più il bambino sarà padrone di esplorare il mondo esterno , le sue emozioni e esimersi dal giudicare le situazioni stesse e le proprie reazioni.
Ecco che si sviluppa un’immagine positiva di sè, sicura che anche difronte al pericolo si verrà soccorsi dall’adulto .
Vicecersa si avrà la convinzione di essere inadatti , inefficaci , e che quando si affronta un pericolo non si può ricevere aiuto e soccorso dal mondo esterno, in molti casi si elabora un senso interno di abbandono e si sviluppa un bisogno continuo di approvazione altrui .
Il ricercatore statunitense Ainsworth , notò come il bimbo con un modello di attaccamento sicuro , si muoveva con sicurezza nell’ambiente sconosciuto, si mostrava socievole verso gli estranei, consapevole che la madre sarebbe tornata a prenderlo , in grado di sopportare il disagio della mancanza , perchè sicuro della presenza genitoriale.
Ancora una volta scopriamo come la nostra infanzia e l’influenza dell’ ambiente ci crea come siamo , non potrebbe essere altrimenti, essendo la mente e le emozioni al lavoro costante per il nostro adattamento all’ambiente .
Un abbraccio forte , agli estroversi e hai timidi , ricordate che nulla è inreversibile.. 😀
Andrea.
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